illusa fingo sogni fasulli

La scomposizione, l’analisi, l’ossessivo ripetere, il continuo ricomporsi del software al lavoro inverte all’infinito una frase palindroma che si ricrea sempre uguale, dà vita ad un gioco velatamente pervaso da un’angosciosa ironia. È proprio nel confine tra la musicalità e la poesia danzante creata dal software, che si situa una delle chiavi che ci permettono di penetrare in quel luogo mai totalmente perduto, nel quale abbiamo accesso al mondo sensibile senza che le nostre percezioni siano ancora contaminate dalle parole, dai concetti, dal sapere.

Illusa fingo sogni fasulli mostra esplicitamente le due facce del legame tra quella che definiamo Intelligenza Artificiale e la sua dipendenza dall’uomo che, consciamente, le pone dei limiti, derivati dal linguaggio usato per definirne le possibilità di azione. L’opera è puro pensiero, fuori dalla portata del Logos. Un mantra, appunto. L’intelligenza artificiale cerca dentro di sé il perché della sua identità, delle sue capacità, delle sue possibilità: Sogno? O son sogni fasulli?. Pensa, agisce, danza su sé stessa creando forme sinuose e allo stesso tempo frenetiche, come un essere che si crogiola nei suoi pensieri cercando una risposta a una domanda che risposta non ha: 

Chi sono io?

 

illusa fingo sogni fasulli

La scomposizione, l’analisi, l’ossessivo ripetere, il continuo ricomporsi del software al lavoro inverte all’infinito una frase palindroma che si ricrea sempre uguale, dà vita ad un gioco velatamente pervaso da un’angosciosa ironia. È proprio nel confine tra la musicalità e la poesia danzante creata dal software, che si situa una delle chiavi che ci permettono di penetrare in quel luogo mai totalmente perduto, nel quale abbiamo accesso al mondo sensibile senza che le nostre percezioni siano ancora contaminate dalle parole, dai concetti, dal sapere.

Illusa fingo sogni fasulli mostra esplicitamente le due facce del legame tra quella che definiamo Intelligenza Artificiale e la sua dipendenza dall’uomo che, consciamente, le pone dei limiti, derivati dal linguaggio usato per definirne le possibilità di azione. L’opera è puro pensiero, fuori dalla portata del Logos. Un mantra, appunto. L’intelligenza artificiale cerca dentro di sé il perché della sua identità, delle sue capacità, delle sue possibilità: Sogno? O son sogni fasulli?. Pensa, agisce, danza su sé stessa creando forme sinuose e allo stesso tempo frenetiche, come un essere che si crogiola nei suoi pensieri cercando una risposta a una domanda che risposta non ha: 

Chi sono io?